1. |
Panni appesi
01:56
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Riprovo a stendere inchiostro
Come panni appesi al sole
Dopo mille bicchieri sporchi
Lacrimati su tavoli e cenere
Il tempo dietro un vetro
Annoiato e stanco
Di aspettare un mio cenno
Mi guarda perdere e ridere
Una parola un tarlo
Un cadavere ancora caldo
Mi cerco un angolo
Dove vomitare non visto
O un angelo su cui
Rovesciare piscio tiepido
E una beffa di me
Timide ali
Scapole troppo cresciute
Errore di padre e di madre
Muoiono dentro un gilet
E riprovo a stendere inchiostro
Come notti in una cucina
Come passi e foglie e ghiaia
Una fotografia muta di spalle
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2. |
Cercami
04:22
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Cercami
tra i sassi e le rotaie,
il fumo azzurro
e i bicchieri vuoti.
Finestra e scrivania,
al di qua del cielo,
noia di asfalti inventati
e sapore di formalina.
Sarò un calesse,
o un secchio,
se vorrai.
Ho imparato
silenzi invadenti
riempire
cassetti vuoti.
Cercami.
Non posso più
nascondermi.
Pane, mantice
o macchina da scrivere
tra il fumo azzurro
e una lampadina.
Stringo gli occhi
contro il muro.
Brividi e lancette.
Cercami.
Come i tuoi occhi
mi scavano
la pelle.
Sono carne e vento,
cenere e vino,
non ho quasi più paura.
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3. |
Ma dolce
02:58
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Pacifica inconsistenza e sereni occhi aperti su possibili a venire. Si concludono giornate senza gloria né rimpianto, giornate come tante, quotidiane, senza gioia né infamia.
E forse pioverà ma dolce.
E saranno sabati e domeniche e le sere sempre più calde; e addii più o meno silenziosi o pianti in bicchieri appiccicosi, ma mai troppo nell’abitudine riflessa di cose già vissute cento volte.
E gli sguardi sempre quelli sempre uguali, senza più
un accenno di sorpresa, un mistero da svelare in un singhiozzo, o un silenzio troppo denso da srotolare lì sull’erba.
Pacifica inconsistenza di tornare sempre più tardi, sempre più soli, sempre più sbronzi. Sarà questo forse il gioco degli anni: restare prigionieri di una svolta, di una novità ormai morta, fino alla prossima che sia un ricordo.
E forse pioverà ma dolce.
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4. |
Due colpi di tosse
02:06
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…e il mio bere
la mia vergogna
non è che ginocchia sbucciate
due colpi di tosse.
Maldestro nel dire “ciao”
indosso un sorriso scalzo
potrò avere una sedia
in quest’afa al tungsteno.
Illuso di nascondermi
da carezze così feroci
così pulite e disattente
spreco silenzi
come fosse una prima volta
trascurando il torto e la ragione.
E la mia vergogna
nel nero sotto le unghie
aggrappato ad un orecchio
“decidi tu la mia persona”.
Toppo distratto io per farlo
e ho smarrito le domande
forse tra le foto
di quando ero adulto.
Così come ogni sera torno
da lunghi viaggi
due passi più in là
o solo mi gonfio di parole
stese ad asciugare
e due colpi di tosse.
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5. |
L'ultima volta
02:23
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6. |
Signore della nebbia
04:04
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Sono triste perché sono felice
non capite
perché voglio ricordare
la nebbia
appiccicata sul maglione
) dai guanti neri
-quelli con le dita tagliate-
non era tabacco che fumava:
scoprivo di essere
il Signore della nebbia
Pensare che ero senza
coppola
brillantina fumosa
(ma senza filtro)
mi insudicia i capelli ora
Vecchio ubriacone
-mi diranno-
"Che fine hai fatto
se eri senza barba?"
Sono andato a sentire
il tonfo della (spuma) sulle dighe
onde del cotonificio
le fontane
(giocciolii sconci)
dal rubinetto chiuso
Forse i miei passi
su un asfalto triste
Forse (era felice anche lui)
Forse me
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